ILLECITO SPORTIVO E OBBLIGO DI DENUNCIA – Nota a Collegio di Garanzia, SS.UU., n. 71/2021

Il Collegio di Garanzia, a Sezioni Unite, si è occupato della disciplina dell’illecito sportivo e dell’obbligo di denuncia, come prevista dall’art. 30 CGS.
Al di là delle specifiche vicende, che originano dall’impugnazione di decisioni di condanna della Corte Federale d’Appello, la decisione riveste carattere di interesse in ragione della ricostruzione giurisprudenziale ivi riportata e dei principi di diritto ivi affermati.
Circa l’illecito sportivo, si affermano i seguenti passaggi:
1) La fattispecie configura un’ipotesi di illecito di pericolo, col che l’illecito sportivo deve considerarsi realizzato nel momento in cui siano concretizzati atti idonei a cambiare il naturale svolgimento di una competizione (cfr Collegio di Garanzia, SS.UU., n. 93 del 19 novembre 2017), e ciò a prescindere dal conseguimento effettivo del risultato o del vantaggio auspicato (infatti la forma di manifestazione dell’illecito sportivo è basata sulla direzione della condotta posta in essere, includendo così anche ipotesi di attentato); in tal senso vengono richiamate plurime decisioni:
– “l’illecito sportivo è classificabile come illecito di attentato e, dunque, si considera perfezionato quando si realizzano atti idonei a cambiare il naturale svolgimento di una competizione, indipendentemente dall’effettiva verificazione di un determinato evento dannoso, circostanza, quest’ultima, considerata come un’ipotesi aggravante. Pertanto, l’illecito si configura quando le risultanze probatorie dimostrino l’idoneità della condotta a determinare la manipolazione delle competizioni, a prescindere dal fatto che il tentativo di alterazione abbia avuto un esito positivo o negativo … l’illecito sportivo è classificabile come illecito di attentato e, dunque, si considera perfezionato quando si realizzano atti idonei a cambiare il naturale svolgimento di una competizione, indipendentemente dall’effettiva verificazione di un determinato evento dannoso, circostanza, quest’ultima, considerata come un’ipotesi aggravante. Pertanto, l’illecito si configura quando le risultanze probatorie dimostrino l’idoneità della condotta a determinare la manipolazione delle competizioni, a prescindere dal fatto che il tentativo di alterazione abbia avuto un esito positivo o negativo” (Collegio di Garanzia, SS.UU., n. 93/2017);
– “l’illecito sportivo, come ogni altra azione umana contemplata da un precetto, per avere valenza sul piano regolamentare ed essere produttivo di effetti disciplinari, deve aver superato sia la fase dell’ideazione che quella preparatoria ed essersi tradotto in un’azione causalmente apprezzabile, concreta ed efficiente per il conseguimento del fine auspicato” (Collegio di Garanzia, SS.UU., n. 6/2016);
– “l’illecito sportivo di cui all’art. 7 CGS della FIGC non è a formazione progressiva, bensì di pura condotta, a consumazione anticipata, che si realizza con il semplice compimento di atti diretti ad alterare la gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica che non sia il fisiologico risultato della gara stessa. Il vantaggio effettivo – cioè l’alterazione del risultato – non è elemento costitutivo del menzionato illecito, bensì mera circostanza aggravante ex art. 7, comma 6, CGS della FIGC” (Collegio di Garanzia, SS.UU., n. 3/2016);
– “l’illecito sportivo in ambito disciplinare, ai sensi dell’art. 7, comma 1, CGS della FIGC, si realizza anche quando non sono individuati gli atti idonei a conseguire l’effettiva alterazione della gara. Tale fattispecie è classificabile come un illecito a consumazione anticipata, per il quale è accordata rilevanza giuridica soltanto alla proiezione soggettiva dell’atto finalizzato ad incidere sul risultato della gara, non assumendo alcun rilievo gli elementi della idoneità e della univocità degli atti” (Collegio di Garanzia, SS.UU., n. 52/2016).
2) L’evento illecito descritto dalla norma richiamata è unitario, pur a fronte della pluralità degli atti posti in essere per realizzarlo (pertanto, nonostante possano, nelle singole fattispecie, venire alla luce una pluralità di condotte lesive, laddove le stesse siano unitariamente dirette a produrre l’alterazione della competizione, si configura comunque un solo illecito sportivo e non anche un’ipotesi di concorso materiale di illeciti distinti).
3) L’illecito di pericolo, per rientrare nell’ambito della disposizione sanzionatoria, deve comunque assumere un certo rilievo ed avere un minimo di concretezza: Corte d’Appello Federale, n. 2 del 4 agosto e, più recentemente, Tribunale Federale Nazionale – Sezione disciplinare, n. 48-2015/2016 ci dicono che pur prevedendo la fattispecie un’anticipazione della soglia di punibilità a “qualunque atto diretto” all’alterazione della gara o all’altra finalità previste, “sia comunque necessario che tali atti abbiano un “minimo di concretezza”.
4) Il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione dell’illecito deve attestarsi ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio: riprendendo la formulazione dell’art. 40 co. 1 Norme Sportive Antidoping, nell’accertare una violazione disciplinare l’organo giudicante deve formarsi un “confortevole convincimento”, e in questo senso Collegio di Garanzia dello Sport, SS.UU. n 93 del 19 novembre 2017 (nonché, precedentemente, nn. 6/2016 e 34/2016, e, più di recente, n. 23/2021) ci dice che “il giudizio di colpevolezza nell’ordinamento sportivo non deve raggiungere il grado di certezza previsto dal noto principio <<al di là di ogni ragionevole dubbio>>, ma deve essere comunque assistito da indizi che abbiano le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza, che conducano ad un univoco contesto dimostrativo”.
5) Come più volte affermato (Collegio di Garanzia, SS.UU., n. 5 del 2 febbraio 2018, Collegio di Garanzia, nn. 46/2016, 4/2016, con giurisprudenza conforme ai principi enunciati in materia da Cass., nn. 20802/2011, 42/09, 4391/07, 16346/07 e 21412/06, 9662/01, 3535/2015), la valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, costituiscono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti. Nello stesso senso, Collegio di Garanzia, n. 41/2020 ci dice che “non sono ammissibili dinanzi al Collegio le doglianze riguardanti la valutazione dei fatti che hanno originato il contenzioso e le critiche che si sono appuntate sulle valutazioni della Corte di Appello Federale in merito agli elementi istruttori acquisiti al giudizio; di talché, la verifica logica della motivazione – spettante al Collegio di Garanzia in sede di legittimità – non può mai debordare in una vera e propria ricostruzione alternativa dei fatti accertati, nell’allegazione della debolezza di alcune prove ritenute, invece, rilevanti dalla decisione impugnata, o ancora in una ricostruzione dei fatti, posti a fondamento di sanzioni, secondo una diversa prospettazione dei tempi, dei fatti salienti, e persino del rilievo di alcuno tra i soggetti coinvolti nel portare a termine l’azione“.
6) Circa la responsabilità oggettiva della società per la condotta ascritta al proprio tesserato, per cui, ai fini della configurabilità della responsabilità oggettiva, è un principio consolidato quello per cui si prescinde dal requisito dell’eventuale vantaggio conseguito dalla società a carico della quale si pone la responsabilità per fatto altrui, così come si prescinde dalla sussistenza di un eventuale diretto coinvolgimento della società: in questo senso Collegio di Garanzia, SS.UU., n. 58/2015 ci dice che “non può costituire un’esimente per la società di appartenenza la circostanza che i comportamenti ritenuti illeciti sono stati commessi (da un proprio tesserato) in assenza di un coinvolgimento della stessa e per fatti riguardanti l’attività di altre società. Il Codice di Giustizia sportiva punisce, infatti, a titolo di responsabilità oggettiva, la società con la quale il soggetto ritenuto autore dell’illecito sportivo è tesserato, indipendentemente dal fatto che tale illecito sia il frutto di comportamenti che coinvolgono la stessa società (per esserne beneficiaria) o di comportamenti rispetto ai quali la società sia estranea, per cui la responsabilità oggettiva è dunque configurabile “anche quando i comportamenti illeciti commessi da un proprio tesserato sono addirittura controproducenti per le sorti della società, come accade quando un tesserato è ritenuto responsabile per aver contribuito ad alterare il risultato di una partita a danno della propria squadra”.
7) Il discrimine tra le fattispecie di illecito sportivo e di omessa denuncia si fonda sul fatto che, nel primo caso, il soggetto responsabile del comportamento volto ad alterare il risultato della gara è parte attiva della condotta e ne risponde a titolo principale, mentre nel secondo caso, invece, egli è a conoscenza dell’azione commessa e della sua antigiuridicità, ma ne rimane estraneo. È, ad ogni modo, consolidato il principio per cui il presupposto della responsabilità oggettiva non possa essere costituito unicamente dalla presenza di meri sospetti “vaghi ed indeterminati, senza che sia consentito a colui che ne è venuto a conoscenza di poter liberamente deliberare preventivamente la verosimiglianza o apprezzare la correlativa necessità di farne denuncia con la massima sollecitudine alle competenti autorità federali”: invero, il Collegio di Garanzia (decisione n. 45/2019) ha affermato che, pur essendo configurabile l’illecito anche ove la notizia sia stata appresa de relato, è in ogni caso necessario che la notizia stessa abbia ad oggetto un fatto preciso, determinato e circostanziato (“colui che raccoglie una mera suggestione, non seguita dalla rappresentazione di un evento storicamente accaduto, non può essere tenuto a denunciare un illecito, che appunto, almeno nella sua prospettiva, non si è mai realizzato”).
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