Il diritto dell’agente al corrispettivo: le indicazioni della Cassazione rilette alla luce della normativa vigente

corte di cassazione

Giunge al suo epilogo, con l’ordinanza della Corte di Cassazione 19 gennaio 2021, n. 835, la vicenda giudiziale avviata dinanzi al Tribunale di Brescia da un agente sportivo nei confronti di un proprio assistito, in riferimento al corrispettivo spettante a fronte dell’allora vigente rapporto di mandato, revocato poco prima della conclusione da parte del calciatore di un nuovo contratto di prestazione sportiva.

Occorre premettere che la normativa di settore allora vigente era il “Regolamento agenti di calciatori” di cui al CU n. 100/A dell’08 aprile 2010, circostanza particolarmente rilevante ai fini che occupano in quanto il quadro normativo odierno presenta significative differenze rispetto a quello citato, da che deriva la necessità di “attualizzare” le indicazioni che emergono dalla decisione in commento.

Circa il contesto fattuale, in data 7 febbraio 2012 il calciatore aveva conferito incarico all’agente per la cura dei propri interessi, con durata biennale, salvo revocarlo poi in data 21 gennaio 2013. Nello stesso mese di gennaio 2013, il calciatore stipulava nuovo contratto di prestazione sportiva: l’agente reclamava dunque il diritto al corrispettivo in forza del combinato disposto delle previsioni dell’allora vigente Regolamento sub artt.  21 co. 6 [“Il calciatore che concluda un contratto con una società senza l’assistenza di un Agente regolarmente nominato è tenuto comunque, qualora non abbia esercitato il diritto di revoca con le modalità di cui al precedente art. 18, a corrispondere all’Agente il compenso contrattualmente stabilito all’atto dell’incarico, (…)”] e 18 co. 2 [“Il calciatore o la società può revocare l’incarico all’Agente con un preavviso di trenta giorni da comunicarsi con lettera raccomandata a.r., (…)”], non essendo ancora decorso, al momento della sottoscrizione da parte del calciatore del nuovo contratto di prestazione sportiva, il prescritto preavviso di trenta giorni.

Prima di concentrarsi su due interessanti profili, la Suprema Corte ribadisce subito un principio di carattere generale con riguardo alla natura delle c.d. carte federali (ovvero la normativa di fonte regolamentare emanata dalle federazioni sportive nazionali), sottolineando come esse (e dunque anche il Regolamento agenti) rappresentino “un atto di autonomia organizzativa contrattuale”, col che “non assumendo il rango di norma di diritto, non è possibile denunciarne la violazione o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” (nello stesso senso si erano già espresse Cass. 03 agosto 2007, n. 17067 e Cass. 12 maggio 1979, n. 2725).

Il primo profilo: il diritto dell’agente al corrispettivo in caso di contratto sottoscritto senza la sua assistenza

Venendo al caso di specie, la Cassazione prende anzitutto in esame il profilo relativo al diritto dell’agente al corrispettivo qualora il calciatore sottoscriva un contratto di prestazione sportiva senza la sua assistenza o con l’assistenza di diverso agente, senza aver preventivamente revocato l’incarico conferito con preavviso di almeno 30 giorni.

In proposito si è detto che il Regolamento agenti allora vigente riportava espressamente una norma a disciplina del profilo in esame, in quanto il già citato art. 21 co. 6 prevedeva che “Il calciatore che concluda un contratto con una società senza l’assistenza di un Agente regolarmente nominato è tenuto comunque, qualora non abbia esercitato il diritto di revoca con le modalità di cui al precedente art. 18, a corrispondere all’Agente il compenso contrattualmente stabilito all’atto dell’incarico, (…)”. Tale previsione era sistematicamente collocata dopo quella per cui “Ove un calciatore si sia avvalso dell’opera di un Agente, al fine o nella conclusione di un contratto di prestazione sportiva, deve assicurarsi che il nome dell’Agente sia indicato sul contratto. Nel caso in cui sia stato concluso un contratto senza l’assistenza di un Agente, deve esserne fatta espressa menzione nel contratto” (comma 5).

Nel Regolamento Agenti Sportivi oggi vigente, di cui al CU n. 125/A del 4 dicembre 2020, il contenuto del citato previgente comma 5 è riportato separatamente nei commi 4 e 5 dell’art. 17, ai sensi dei quali rispettivamente “Ove il calciatore si sia avvalso dell’opera di un agente sportivo, deve assicurarsi che il nome dello stesso sia indicato sul contratto di prestazione sportiva” e “Nel caso in cui il calciatore concluda un contratto di prestazione sportiva senza l’assistenza di un agente sportivo, deve esserne fatta espressa menzione nel contratto”.

Non viene invece riproposta la previsione allora portata dal comma 6 dell’art. 21, al pari di quella allora portata dall’art. 18 co. 2, col che parrebbe potersi ritenere che, oltre a non prevedere un termine di vacatio della revoca (la quale evidentemente avrà efficacia immediata), non si sia voluto imporre al calciatore l’obbligo di remunerare il proprio agente nel momento in cui quest’ultimo non abbia effettivamente partecipato alle attività propedeutiche alla sottoscrizione del contratto di prestazione sportiva.

Sul punto tuttavia è interessante svolgere un excursus storico, in quanto la fattispecie in parola è stata diversamente disciplinata nei vari regolamenti che si sono succeduti:

– nel “Regolamento dell’attività di procuratore sportivo” di cui al CU n. 52/A del 19 dicembre 1997, l’art. 11 co. 6 prevedeva che “Nessun compenso è dovuto per i contratti stipulati direttamente dal calciatore, salvo che il Procuratore dimostri documentalmente di aver prestato l’opera di cui all’art. 1, comma 2 nelle trattative precedentemente intercorse, anche con Società diverse da quella con la quale l’accordo viene concluso”;

– nel “Regolamento per l’esercizio dell’attività di agente di calciatori” di cui al CU n. 81 del 22 novembre 2001, l’art. 13 co. 4 prevedeva che “Il calciatore che concluda un contratto con una società senza avvalersi dell’assistenza del proprio agente regolarmente nominato e non revocato, è tenuto comunque a corrispondergli un indennizzo del 5% calcolato sul compenso di cui all’art. 10, comma 4, ovvero il minor compenso concordato all’atto del conferimento dell’incarico”;

– nel “Regolamento agenti” di cui al CU 48 del 28 dicembre 2006, come modificato dal CU 50 del 4 gennaio 2007, l’art. 13 co. 5 prevedeva che “Il calciatore che concluda un contratto con una società senza l’assistenza del proprio Agente regolarmente nominato è tenuto comunque, qualora non abbia esercitato il diritto di revoca con le modalità di cui al precedente art. 11, a corrispondere all’Agente il compenso contrattualmente stabilito all’atto dell’incarico, ovvero quello previsto dall’art. 10, comma 9”;

– come ormai sappiamo, nel “Regolamento agenti di calciatori” di cui al CU n. 100/A dell’08 aprile 2010, l’art. 21 co. 6 prevedeva che “Il calciatore che concluda un contratto con una società senza l’assistenza di un Agente regolarmente nominato è tenuto comunque, qualora non abbia esercitato il diritto di revoca con le modalità di cui al precedente art. 18, a corrispondere all’Agente il compenso contrattualmente stabilito all’atto dell’incarico, ovvero quello previsto dall’art. 17 comma 6”;

– né nel “Regolamento per i servizi di procuratore sportivo” di cui al CU 190/A del 26 marzo 2015, né nel vigente “Regolamento Agenti Sportivi” di cui al CU 125/A del 4 dicembre 2020 è stata infine inserita alcuna previsione riferita al tema che occupa.

Emerge dunque come il legislatore federale (i) nel 1997 abbia optato per un’impostazione tesa a consentire al calciatore, pur in costanza di mandato nei confronti del proprio agente, di concludere autonomamente la trattativa senza dover riconoscere alcunchè a quest’ultimo (salva la prova documentale del suo intervento), (ii) a partire dal 2001 (e anche nel 2007 e 2010) abbia optato per una impostazione diametralmente opposta, introducendo una presunzione assoluta di svolgimento dell’attività da parte dell’agente nonostante la conclusione del contratto direttamente da parte del calciatore, (iii) a partire dal 2015 (e anche nel 2020) abbia omesso ogni disciplina sul punto.

Alla luce dell’excursus svolto, ecco dunque che la circostanza da ultimo rappresentata potrebbe condurre ad arresti giurisprudenziali significativamente diversi, non potendosi considerare determinante sul punto quanto sancito oggi dalla Suprema Corte con l’ordinanza in commento, in quanto evidentemente resa in un momento storico in cui la fattispecie era esattamente disciplinata dall’allora vigente art. 21 co. 6 del “Regolamento agenti di calciatori”.

Il secondo profilo: la misura del corrispettivo dell’agente in caso di interruzione anticipata del rapporto di prestazione sportiva.

La Cassazione prende poi in esame il profilo relativo al quantum del corrispettivo spettante all’agente qualora il rapporto di prestazione sportiva si interrompa anticipatamente rispetto alla durata contrattualmente convenuta.

In proposito la Suprema Corte prende le mosse dalla previsione sub art. 17 co. 8 del Regolamento allora vigente, ai sensi del quale “In caso di risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità della prestazione del calciatore, che non sia dovuta a dolo o a colpa grave dello stesso, all’Agente è dovuto soltanto il compenso per il periodo di vigenza del contratto”: analoga previsione è portata anche dal Regolamento vigente, che all’art. 21 co. 15 recita “In caso di risoluzione del contratto di prestazione sportiva per sopravvenuta impossibilità della prestazione del calciatore, che non sia dovuta a dolo o colpa grave dello stesso, all’agente sportivo è dovuto il corrispettivo soltanto per il periodo di vigenza del contratto stesso”, pertanto a differenza del primo profilo, l’argomentazione svolta dalla Suprema Corte è senz’altro attuale.

Secondo tale argomentazione, il citato art. 17 co. 8 del Regolamento FIGC va letto in combinato disposto con l’art. 1748 co. 5 c.c., ai sensi del quale “se il preponente e il terzo si accordano per non dare, in tutto o in parte, esecuzione al contratto, l’agente ha diritto, per la parte ineseguita, ad una provvigione ridotta nella misura determinata dagli usi o, in mancanza, dal giudice secondo equità”: essendo da escludersi il ricorso al giudizio equitativo in ragione proprio della specifica previsione sub art. 17 co. 8 Regolamento FIGC, la Suprema Corte afferma che “fermo restando il diritto dell’agente a trattenere la provvigione per la parte di contratto di prestazione sportiva eseguita (anche in conformità a quanto previsto dall’art. 1748 c.c., comma 6), per la parte ineseguita del rapporto (a causa del recesso anticipato della squadra) egli non ha diritto al compenso, a meno che non dimostri che il recesso del terzo (la squadra di calcio) sia dipeso da dolo o colpa grave del calciatore (ad esempio, squalifica per doping)”.